Bateson 0 Riflessi

pensieri dal Circolo Bateson

13 marzo 2006

Riconoscere gli adulti


Diciamo spesso ai nostri giovani “studiate, leggete, siate più preparati per la società di domani”. Vorremmo essere riconosciuti come ‘adulti’. Loro si sentono già ‘adulti’ o almeno percorrono la loro strada che è appunto, la loro strada, e noi, come possiamo accompagnarli? Nel fare conoscere le differenze. Messa così, non otteniamo nulla; solo che ci allontaniamo sempre più verso il tempo del distacco. Dovremmo insegnare a riconoscere gli altri e questo è più difficile. La nostra società è impostata su un modello, in cui, mostrare la regolarità nella differenza, non è lo scopo principale. “Non mi fido neanche del mio più caro amico” mi diceva in aula uno studente, con cui parlavo di metodi di studio appropriati. Altro che tentativi di coinvolgimento ci vorrebbero, occorre piuttosto un cambiamento fondamentale degli approcci. Le discipline, così come sono regolamentate, invitano a un uso della cultura a compartimenti stagni, senza connessioni, che, crediamo, debbano avvenire nella loro mente. Chi può strutturare le loro menti in modo forte e ricettivo? Compito dell’adulto è fare sorridere il giovane, motivarlo alle conquiste più alte, alla pace, alla serenità, alla stima di se stesso. Guidarlo alla conquista di un lavoro, dell’amore e della gioia.

03 marzo 2006

Le premesse della relazione educativa E la necessità della severità simulata alla perfezione


mie riflessioni dopo il Seminario organizzato dal Circolo Bateson presso la sede di Legambiente sulla Salaria 21 e 22 gennaio 2006

“Questo è un gioco” Gregory Bateson

Premessa

Il gioco delle premesse, assume un ruolo preciso solo nel momento in cui si devono fissare, appunto le regole del gioco. E’ opportuno un luogo, un tempo e delle persone, che stabiliscono gerarchie condivise. Occorre definire una necessità: una severità simulata alla perfezione, oscillante tra la categoria del vero e la categoria del falso. La presenza fisica diviene indispensabile, in quanto il travestimento per la recita manifesta una struttura regolare: il re ha una corona in testa, un mantello a fili dorati e cammina, avanti e indietro, impettito. Nei medesimi istanti, palesa una struttura irregolare, dunque meno paurosa : quello non è un vero re , non può farmi tagliare la testa con un semplice gesto della mano. Io posso avere paura, avvertendo brividi, inizio e conclusione, fino al prossimo entrare in scena del nuovo personaggio. Le parole, scritte o dette, prendono scena come i burattini o le marionette del teatrino dei piccoli.
Che paura, quando i baffuti carabinieri bastonano Pulcinella! Il colpo, ripetuto aritmicamente, in battere e levare, sembra fare male, ma in effetti, finché non sentiamo che il colpo schiocca su un’altra testa, ci sembra che debba ricadere sulla nostra. L’immagine è nello stesso tempo, spaventosa e rassicurante.
Altre premesse sono dunque, la vicinanza e le connessioni di pensiero, che s’instaurano e subito si distaccano. Anche le parole , qui, non funzionano, possono solamente: creare contesti, che interagiscono fuori dai significati, in modo reale ma irripetibile. Nella situazione specifica le regole sono perfettibili. L’idea del gesto si afferma a voce alta e cancella il gesto, generando quel caos ordinato, destinato a disordinarsi automaticamente e prendere un nuovo ordine, una nuova dominanza. Le premesse sono contenute in un’idea che viene dopo, in un’idea che non si può neanche formulare ma solo dire : relazione.

Legame

Legame e differenza sono dunque cose diverse o sono la stessa cosa? Posso solo affermare che, dall’accostamento, l’unica cosa sicura è la nascita di una nuova domanda, senza una risposta definitiva. Una mano prende una caraffa piena d’acqua e la versa, ogni liquido scorre dall’alto verso il basso, ma non sappiamo altro e la curiosità, quella pura e innocente, vuole sapere perché cade. Inutile trovare scuse: la forza di gravità è ancora una sequenza di circoli chiusi che non può rispondere alla domanda essenziale. La risposta è: ‘un’ gioco? No. E’: ‘in’ gioco. E’ lì, senza che nessuno possa afferrarla; si può solamente, rimanere fermi a guardare, facendo sparire lentamente sia le parole sia i loro legami con la percezione, strutturata nei linguaggi contestuali, finché resta qualcosa che esiste nel fondo della memoria. E’ lì da quando ancora non era stato effettuato il percorso della dominazione dei fenomeni e della nominazione. Quando preesisteva, la magia del mondo.
Solo ‘Sciamani’ : desiderio di condivisione e comunicazione. Lo Sciamano prende e comprende oggetti reali e li tratta, li trasforma in idee ‘cura’, in auspici di buona o cattiva caccia, o annata. Morti o nascite. Il cacciatore, con i graffiti sulle rocce, narrava a se stesso le emozioni, cercandole nelle linee degli animali; sia quelli fuggiti e solo visti da lontano, sia quelli uccisi e portati alla tribù per il nutrimento. La lotta e i pericoli erano stati violenti e talvolta aveva rischiato lui, di morire; nel comunicare si libera, forse pensa che è stato tutto un gioco. In un rito d’affabulazione mimata o anche emettendo suoni e facendo smorfie terrificanti, comunica al gruppo. Racconta a quelli, che urlano di paura, quali astuzie ha dovuto pensare e quanti assalti della bestia ha dovuto subire. L’animale nel ricordo diventa feroce e possente.
Il cacciatore educa il gruppo tribale e solo chi tra i giovani entrerà in empatia con il suo rito, ricomincerà a farsi domande e a trovare soluzioni.
E’ dunque il pensiero ad essere e a significare? La realtà è soltanto nella nostra mente?
L’oggettività assoluta nell’osservare il risultato di un’azione non esiste?
Probabilmente questo è un altro gioco.


Luogo

Gregory Bateson ha fatto emergere una domanda, che mi appare sempre fondamentale: qual è la struttura che connette? Credo che cerchi sia il connettivo all’interno dei sistemi, sia il connettivo tra sistemi, apparentemente diversi tra loro. Il fatto è che anche tale metodo si trasforma, sia nel tempo assente, sia nel tempo presente. Il luogo sembra sospeso al suo esistere, ma lo spazio esiste solo in quanto aumenta e diminuisce, insomma si espande e si contrae nei suoi limiti illimitati. Dunque l’idea di spazio si muove, si sposta in ogni direzione ma muta con l’idea di direzione. Voglio dire, con la direzione delle rette infinite, che si dipartono da un solo punto e dagli infiniti punti, creature viventi e elementi, che determinano e contengono il pensiero dello spazio. Poiché contengono tale idea sembrerebbe che, il numero di tali punti, sia commensurabile, eppure nessuna macchina ha misurato ancora il numero più grande che si possa pensare. Il pensiero sì, e lo ha chiamato infinito. Un simbolo esoterico come il nastro di Moebius cerca di rappresentare l’irrappresentabile e ci riesce alla perfezione.
La struttura che connette è dunque un nastro di moebius nato da una striscia infinita? Si dipana lungo una retta che va da un infinito a un altro infinito? I due paradossi si toccano e chiudendosi danno forma all’idea del nastro di Moebius?
L’aula scolastica è il luogo del rito. Il posto sacro prende di volta in volta aspetti diversi, la 'mise en scène', in funzione delle possibilità, muta, ma il posto rimane sacro. Luogo di continui “imprinting”. Emozionante e pericoloso.
La capanna dei riti iniziatici, la scuola di campagna, la zona della foresta dove l’adulto mostra al giovane il modo di acquattarsi ed attendere le prede, il sentiero del bosco dove Pollicino allinea sassolini per tornare in un precedente contesto , l’aula o il laboratorio o il corridoio della nostra scuola sono tutti luoghi delle menti, dei pensieri e delle curiosità, dove può e deve avvenire di tutto affinché…….nascano nuove domande senza immediate risposte. Bocche cucite. E’ sufficiente la fede nel rito, il riconoscersi in un gruppo e in un luogo?


Tempo

Il fascino della rotondità, della circolarità, dell’assenza di asperità può rivelarsi una trappola piuttosto pericolosa. Le nuove generazioni sono biologicamente attrezzate per difendersi dalla ‘aguzzità’ degli adulti. “Che pensiero acuto!” si dice di un’ idea che sembra al momento risolutrice ed a volte è solo violenta. “Che pensiero brillante!” mi rivela convessità, una luce che si propaga, determinando confini che si spostano; mentre la persona brillante si sposta in modo che la sua testa…….ma no la persona non si sposta e non tiene una lampadina sulla testa. Sono le parole allora che circolano. Onde sonore, ora alte ora basse, destinate a percorrere strade verso obiettivi specifici. Che siano invece le connessioni, le metafore e i paradossi a creare la struttura che connette? L’idea che si ha dell’ironia e del gioco?
Qualche giorno fa guardavo gli occhi di uno studente, eravamo separati dagli occhiali, i miei e i suoi; egli rideva e mi scherniva, finché ho pensato che fosse questo il suo obiettivo. Quando invece il mio sguardo severo e punitivo non ha ottenuto nulla, anzi, che il suo sguardo mi apparisse ancora più offensivo, mi sono accorto che in realtà non era cambiato e suggeriva a me, di trasformare il modo. Io allora, ho dovuto guardarlo, come una persona felice, ed è divenuta tale, anche nel paradosso del tempo e del luogo, il tempo della lezione frontale ed il luogo della disciplina.
Lo strumento si è autoregolato, ma il cortocircuito ha dissipato energia. Come creare un risparmio energetico in queste circostanze? Bisognerà aumentare la quantità di forza in campo, attingendo al grande flusso emanato dagli studenti. A rapidi passi l’educatore diviene efficace quanto più si approssima a riconoscere in ciascuno di loro una persona reale. L’educatore deve fare parte di un processo rapidamente irreversibile e tendere, egli stesso, all’irreversibilità. Adattarsi, prendendo forme nuove, irripetibili. Come l’istante presente. Il tempo è un succedersi di microattimi tutti ugualmente significanti solo se vibranti in una danza come il tango, avanti e indietro, un assalto ed un’esitazione. Ma questa è un’altra storia.


Gerarchie: autorità e autorevolezza

Una gerarchia si può pensare che sia parte di un tempo? Gli adulti hanno avuto un tempo maggiore dei giovani di formarsi opinioni sulle relazioni, si sono creati dei contenitori ritenuti sicuri ed incontrovertibili. I giovani utilizzano nuovi linguaggi, misteriosi per gli adulti. Da queste cornici dobbiamo attingere qualità e quantità di pensiero, nello spostamento continuo da un segnale all’altro. Ora e qui, occorre qualità; ora, occorre quantità. Entrambe ci vengono richieste da chi ci ascolta o anche solamente ci sente fonare. Toni della voce, alti o bassi, ripropongono segnali, contenuti e attitudini di pensiero.
Molti sono convinti che tali livelli d’apprendimento siano irrilevanti e ciò è assolutamente vero quando si voglia immagazzinare nozioni , numeri, elenchi , procedimenti di calcolo , processi tangibili. Io ritengo che il segnale sia invece di valore elevato, nella costruzione di una struttura mentale forte ed accogliente. La mia e la loro.
Quando mai, i giovani applicheranno le mie conoscenze, così come io le ho trasferite a loro? Le domande, a cui si troveranno in dovere di rispondere, sono e saranno altre, in una strada evoluzionistica nella direzione che sarà quella assolutamente nuova.
Per fare ciò non occorre autorità, ma autorevolezza e cioè una sorta di condivisione reale di avere dettato regole molto serie e severe. Regole che contengano il seme dell’idea di una rigidezza flessibile, opportuna caso per caso, insomma: un’ adattabilità molto precisa. La ricerca di muovi materiali, ad esmpio, si sta sviluppando lungo questa strada con l’idea dei nanotubi di carbonio , zona in cui l’integrarsi della meccanica quantistica e della meccanica razionale sembra dare risultati eccellenti, oggi in studio. Si comincia a parlare anche di biomeccatronica e di collegare lo studio dell’universo con quello dell’atomo. Occorre cambiare metodo di pensiero.

Asimmetrie e simmetrie

Sembrerebbe comunque che, ancora, una gerarchia sia auspicabile. “Chi, assicura una guida e una cura?” e “Chi, è guidato e curato?”. L’Uomo; l’Universo? Nella meccanica razionale, quella che crediamo visibile e commensurabile, vi sono altrettanti misteri che nella meccanica astronomica ed in quella quantistica. L’origine dell’universo, i buchi neri e la radiazione di fondo, sono ancora oggetto di studio e discussione, dunque di ricerca. Come l’evoluzionismo. Si potrebbe affermare che si cercano simmetrie, misurazioni, laddove il mistero e la magia del pensiero puro, hanno dato risposte già da tempo ed altrettanto emozionanti dei più meravigliosi strumenti, che la tecnica abbia potuto costruire, dal cannocchiale di Galileo ai robot pensanti, speranza futura della cibernetica .
Ancora asimmetrie, nella meccanica quantistica riguardano definizioni di contesti e mai di confini ad esempio massa ed energia sembrano misteriose quando riguardano protoni ed elettroni. Proviamo a superare i confini : la massa come definizione sia il confine stesso della sua probabile realtà e così facciamo per l’energia. Ci ritroviamo nel mondo delle idee anzi del pensiero. Ed ecco ancora un errore di desiderio di commensurabilità. Veniamo ancora più fuori e per così dire ritraiamoci anche da noi stessi e cioè dallo stesso pensiero umano. Sembrerebbe rimanere solo il pensiero puro. E’ proprio così?
Non ancòra: anche se pensiamo al nulla, vi è il desiderio di definire il nulla, ancora. Vogliamo cercare l’idea di simmetria, a tutti i costi , ed è proprio questo che ci rende disponibili : la nostra asimmetria, l’imperfezione dell’uomo. E qual è l’idea dell’imperfezione dell’uomo?

Severità: simulazione di perfezione

Anche la severità, reca in sé una struttura vincolante. Dunque è inevitabile.
Si definiscono vincoli, nella meccanica dei corpi in equilibrio, altri corpi che, per così dire, sostengono: l’appoggio, la cerniera e l’incastro. Tali definizioni devono a loro volta essere sostenute , affermate con una forza che non gli appartiene e cioè con discorsi trasmessi oralmente e con scritture. Nella mente di chi ascolta una frase o studia da un libro, deve comunque trovarsi un’energia, che possa non contenere o capire ma ancora definire un processo mentale, sottoposto a verifiche. Questo porta a verità esistenti non nel mondo reale ma in quello pensato, quello che crea confini estremamente labili. Simulazione, elusione, o appartenenza ad un insieme situato altrove? Insomma una conclusione non è possibile e ciò sembra una fortuna. O è invece la ricerca di nuovi confini?